La notte di don Abbondio
Abstract
La notte di don Abbondio, la prima del romanzo manzoniano, è descritta in tutte le sue fasi, dall’insonnia iniziale ai «sogni» affannosi al risveglio mattutino. Il lessico militare e diplomatico del monologo notturno del pavido curato rivela una potenza ironica che esploderà nel crescendo enumerativo onirico con le «schioppettate». Don Abbondio è paragonabile agli altri protagonisti dei notturni romanzeschi che a loro volta mettono in scena con i loro sogni un contenuto manifesto in gran parte corrispondente al contenuto latente. Già Freud e ancor più Matte Blanco sostengono che immagini oniriche si collocano in uno «spazio multidimensionale» e atemporale, difforme da quello tridimensionale della realtà diurna. In questo scenario agiscono le figure della condensazione, dello spostamento, dell’anamorfosi. Figure che l’autore dei Promessi Sposi intuisce con la chiaroveggenza dei poeti molto prima dell’origine della psicoanalisi.
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